Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu/336

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sguizza via prima che io passi dal montante al fendente, torna all’assalto più infellonito che mai. Egli a me ed io a lui, si picchia così sodo e così lungo, che i poveri bastoni non ne possono più, gemono, si sfibrano, si sfasciano, a guisa di canne peste.

— Ne hanno abbastanza? — chiede il maestro di combattimento.

— No; — brontolo io.

— No; — rugghia Filippo.

E vorremmo proseguire; ma Pilade ha posto in mezzo il suo bastone di comando.

— Si fermino dunque un minuto secondo; dice egli, a mo’ di — conclusione; — e prendano due bastoni nuovi. Questi li hanno — finiti. —

Si buttano i due avanzi miserevoli, si afferrano le due vette nuove che Pilade ci porge con nobilissimo gesto, e giù da capo la gragnuola. Pare che i bastoni nuovi ci abbiano rinnovate le forze. Sicuramente hanno migliore la presa, e i colpi ci vengono più aggiustati. Vedo io doppio come un toro infuriato, o Filippo è gravemente ferito? Certo,