Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu/355

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gioni?... — ripigliai. — E che ne avrebbe detto Galatea?

— Che Galatea?

— Perdonami; ho ancora il cervello intronato da una delle tue bastonate.

— Ed io niente, assassino? Ma tu volevi dire....

— Volevo dire la signorina Wilson. —

Filippo Ferri trasse un profondo sospiro dall’ampio torace.

— Eh, caro mio, — mi rispose, — l’ho detto dianzi a quel conte, che io morrò scapolo. Credo bene che la gentile fanciulla pensi a me, come alla prima bambola a cui avrà rotta la testa. E se tu avessi tenuto con me un altro modo, scambio di scrivermi quella tua letteraccia, scambio di ostinarti, come hai fatto, a volermi morto se non m’inchinavo ai tuoi olimpici voleri, non ci saremmo rotte, da veri bamboccioni, le nostre. —

Ho abbracciato Filippo Ferri (era il meno che potessi fare) e pianto come una vite tagliata.