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capo la tosse. Suvvia, mandi giù questa bevanda, che aiuterà a calmarla. —
E in questo dire gli accostò il cucchiaio alle labbra. Il vecchio bevve, e la sua testa ricadde inerte sul guanciale. Frattanto la pendola, che era di rincontro al letto, scoccò un tocco.
— È già l’una! — esclamò il Vitali.
— No, le undici e mezzo soltanto. Ella è stanco, signor Giovanni?....
— Sì, molto stanco. Se potessi dormire....
— Oh, dormirà, adesso che ha bevuto quel calmante. Io quindi me ne anderò; Ella pensi al Signore; in lui è la speranza e la salvezza nostra. —
E l’uomo vestito di nero, che i lettori avranno già riconosciuto per quel tale compagno del dottor Collini alla chiesuola di San Nazzaro, uscì dalla camera del banchiere Vitali.
Appena questi fu solo, parve respirare più tranquillamente, e dopo pochi minuti stese il braccio verso il comodino, per afferrare un campanello che scosse leggermente. A quel suono, comparve nella camera il maggiordomo.
— Signor padrone, eccomi qui. Che cosa comanda?
— Padre Bonav.... cioè, il signor Bonaventura se ne è andato?
— Sì signore.
— Lo avete accompagnato fino al portone?
— Sì signore.
— E avete lasciato il portone aperto?
— Sì, l’ho lasciato. Il marchese suo nipote non starà molto a giungere. —
A queste parole il volto dell’ammalato si rasserenò un poco.
— Sta bene; — diss’egli, — lo farete entrar subito da me, e poi potrete andarvene a passar la notte a casa vostra. Stia il Paolo in anticamera a vegliare. Voi fate il vostro comodo fino a mezzogiorno.
— Grazie, signor padrone. —
E Battista si ritirò, ma non senza fare i suoi commenti a quel saggio poco frequente di larghezza. Erano infatti rarissime le volte che il signor Vitali permetteva al suo maggiordomo di andare a passar la notte con la sua famiglia.
— Ci ha da essere qualcosa di grosso in aria, — disse Battista tra sè, — perchè il padrone sia diventato così largo