Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/156

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sventure, Lorenzo non vedeva altro che buio. Anzitutto la sua generosa ambizione, il natural desiderio di operare qualche cosa a gloria del suo nome, a conforto del suo ingegno, gli erano inceppati, e forse per sempre, dall’avversa fortuna. Nè più contento era il suo cuore. Egli amava Matilde con tutto l’ardore della sua giovinezza: ma l’intelletto, già a gran pezza più maturo del cuore, indovinava di qual tempra fosse l’animo della contessa, e presagiva le amarezze che ne sarebbero a lui derivate.

Matilde era vana e leggiera, e Lorenzo era geloso, e tanto più geloso in quanto che era povero. Le sue strettezze gli riuscivano tanto più acerbe, pensando che la contessa avrebbe potuto trapelarle; ed era uno studio, un tormento continuo il suo, perchè la sua povertà non s’avesse a scorgere da altri.

Più vecchio di alcuni anni e più rotto ai fastidii della vita, Lorenzo Salvani avrebbe tenuto un diverso metro. E prima d’ogni altra cosa avrebbe posto a sè medesimo questo dilemma: «o ella mi ama per quello che sono, o per quello che sembro», ed operato di quella conformità; pronto a patirne le conseguenze, anzi disposto ad affrontarle.

Ma, giovine com’era, e per la prima volta innamorato, Lorenzo Salvani non la intendeva così. S’era dato in balìa di quell’amore subitaneo, prepotente, ma da uomo schietto e leale, senza secondi fini, senza badare ai pericoli, senza prevedere disinganni, senza premunirsi dalla ingratitudine. Ed ora temeva; ogni cosa lo insospettiva; i subiti mutamenti, i grilli della bionda contessa, quel suo rifarsi da capo a tutte le antiche consuetudini, dismesse per lui nei primi e più lieti giorni dell’amor suo, erano tristi presagi per quell’anima altera.

E intanto, pensava egli, intanto esser povero, non poter svolgere tutti i partiti che dànno la misura della forza di un uomo! Sentirsi forte e doversi arrabattare in mezzo a pigmei che vi tengono prigione con catene di refe! Che serve essere statua, se manca il piedistallo, per soggiogare dalla sua conveniente altezza il difforme e l’abbietto?

Queste erano le tribolazioni. Ma quali i conforti? Dicono che Iddio misericordioso non mandi afflizione alle sue creature senza metterci accanto la speranza di un mutamento, speranza che aiuta gli infastiditi a vivere, i tribolati a patire. Anche Lorenzo doveva aver dunque una speranza che gli sorridesse da lontano, come una impromessa di giorni migliori, e che gli sedesse accanto come una compagnia,