Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/169

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XX.

All’insegna degli Amici, buon vino.... e grama Compagnia

Il nostro Michele aveva dunque il suo disegno in capo, e voleva pagar egli la pigione, senza dar molestia a Lorenzo. La pensata era buona e degna dell’ottimo cuore di Michele: ma i nostri lettori, i quali non hanno un grande concetto della sua testa, vorranno sapere in che modo egli s’argomentasse di mandarla ad effetto.

I lettori vengano con noi e lo sapranno. Li condurremo a quest’uopo in una delle tante bettolacce ond’erano ornati, al tempo del nostro racconto, i pressi della via Carlo Felice, bettolacce che si facevano chiamare trattorie.

Erano stamberghe, buie di giorno, a mala pena rischiarate di notte; ma se la luce mancava, c’erano avventori in buon dato e d’ogni risma, i quali si stipavano tra quelle pareti umidicce, su certe pancacce levigate, rilucenti per l’uso continuo, davanti a certe tovaglie largamente chiazzate di vino e d’untume, sulle quali i più schizzinosi facevano stendere un tovagliuolo fresco di bucato.

Là dentro, grossi odori di vivande che si crogiuolavano nelle casseruole, e d’altre che forse da due giorni aspettavano il dente di un meno schifiltoso ghiottone; il tavoleggiante che comandava ad alta voce la pietanza richiesta e lo sguattero che dal fondo della cucina rispondeva il solito «va»; l’ubbriaco che sragionava a tu per tu in un angolo colla sua bottiglia di vino, scambiata per un amico contradditore; i tre o quattro compari già alticci che si accapigliavano per una bazzecola, e la moglie di uno dei tanti che s’industriava a rappattumarli; due spanne più alta su questo guazzabuglio, la padrona carnacciuta che sorrideva agli uni, dava sulla voce agli altri, e rifaceva il resto ad ognuno.

Era un gaio spettacolo, segnatamente dopo l’ora del teatro, quando si fosse fatto il naso a quella mescolanza di odori grossolani e gli orecchi a quel cicaleccio svariato e confuso, nel quale tratto tratto soverchiava una brutta parolaccia, che faceva arrossire sulla sua sedia curule, e in mezzo a’ suoi trofei di mandorle e fichi secchi, la pudibonda padrona.

La più pudibonda di tutte, sebbene la sua taverna ci