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di non essere disturbata nella vostra acconciatura è segno che ho da ragionare di cose gravissime.
- Gravissime? Udiamo dunque; ma, ve ne prego, spicciatevi, - disse la bionda contessa, levandosi dallo specchio, e andando a sedersi su d’una poltrona dirimpetto a Lorenzo, - poichè non ho tempo, stasera. -
Salvani aveva il cuore gonfio di amarezza. Non erano poche, nè lievi, le accuse che gli facevano tumulto nell’animo; e tuttavia stette dubbioso, pensando al modo più acconcio di cominciare. Sentiva dentro di sè tutte le furie d’Averno, come dicono i classici; ma quella donna era così bella, ed egli l’amava tanto, ch’egli non ardiva prorompere, e tremava come un colpevole, egli, l’accusatore!
- Avete tanta fretta? - disse egli, col medesimo accento malinconico.
- Sì, - rispose la contessa, facendosi deliberatamente incontro al pericoloso argomento di quella conversazione. - A momenti sarà qui il conte Alerami, e non sono anche vestita. -
Lorenzo si pose una mano sotto la giubba, quasi volesse andare a cercare il cuore e soffocarlo nella stretta. Poi, mettendo ogni sua possa a frenarsi, guardò pietosamente la contessa e temprò la voce più dolcemente che gli venisse fatto, per dirle:
- Matilde, mi amate voi sempre?
- Stiamo a vedere che gli è tutto qui quello che avete a dirmi di grave. Perchè questa domanda, di grazia? -
E così dicendo, la contessa, con un moto grazioso delle membra si strinse nel suo accappatoio e si rannicchiò nella poltrona, sorridendo a Lorenzo. Nel cuore, tuttavia, si struggeva dal dispetto.
Lorenzo non vedeva, non indovinava nulla.
- Mi amate voi sempre, Matilde? - ripetè egli incalzando con aria supplichevole.
- Ma sì; lo sapete pure! - rispose la contessa. - Ma perchè, vi ripeto, perchè questa domanda?
- Per avere il diritto.... - soggiunse esitando il Salvani, - per avere il diritto....
- Di che cosa!
- Di volgervi una preghiera.
- Udiamola, questa preghiera.
- Matilde! per l’amor di mio, per l’amor vostro, che non avete rinnegato, non è egli vero?... non andate a quella festa! -