Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/353

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alla camera dell’amico, più che dagli atti ossequiosi del servitore, dalla voce medesima del Pietrasanta, il quale gridava dalla sua cuccia:

- Siate il benvenuto, amico Salvani! Venite con me a deliziarvi nello spettacolo dell’alba!

- Dell’alba? - chiese Lorenzo, accompagnando le parole col suo placido sorriso, in quella che entrava nella camera del Pietrasanta: - volete dire quella de’ tafani?

- Non ne conosco altre, io; sebbene pel fatto di San Nazaro, dovrei dire il contrario. Ma un fiore non fa primavera; la mia alba, eccola.... Bell’alba è questa! -

E usando di quella dimestichezza che era tra lui e Lorenzo, il Pietrasanta si sollevò quasi in piedi sul letto, col lenzuolo ravviluppato intorno alla persona, per dare immagine dell’alfieresco personaggio a cui rubava il suo famoso emistichio.

- Ma lasciamo la tragedia in disparte; - proseguì l’allegro giovanotto, ricadendo col gomito sul guanciale. - lo vi ho fatto entrar qui, perchè non aveste ad aspettar troppo il mio scendere dalle molli piume. Licenziatemi quest’altra frase, vi prego, poichè stamane sono nel classico, e appunto quando giungevate voi stavo pensando a due personaggi dell’Eneide.

- Oh diamine! E chi sono, costoro?

- Ve lo dico subito. Ma, prima di tutto, sedetevi. Guardate, là, presso a voi, c’è un mazzo di spagnolette. I fiammiferi sono qui, sul tavolino. Io fumo come il Vesuvio, reggia di Vulcano, o come l’Etna, quando Encelado si fa lecito di respirare.

- Ma davvero siete classico, stamane! - disse Lorenzo, mentre, per contentare l’ospite amico, accendeva una spagnoletta.

- A proposito di fumo, Teodoro! - proseguì il Pietrasanta, chiamando il servitore, che fu sollecito a comparir sulla soglia. - Apri quella finestra, ma lascia chiusa la persiana, «perchè la brezza mattutina un varco - trovi, e il raggio del dì non ci percuota. - Vanne!» Ed eccovi ora, in disadorna prosa, a che stavo pensando, mio caro Salvani, innanzi che veniste voi. Pensavo a que’ due amici inseparabili che Virgilio ha dipinti, Niso ed Eurialo. Ho tradotto dieci anni or sono quell’episodio sulle panche di retorica, e m’è rimasto impresso. Che bella cosa! dicevo tra me; che bella cosa, era l’amicizia ne’ tempi andati! Niso ed Eurialo nel Lazio, Damone e Pizia a Siracusa, Oreste e Pilade