Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/139

Da Wikisource.

— 135 —


— Tiratevi in là! — ripiccò la donna torcendo le labbra.

Lasciamo un tratto bisticciarsi gli amanti, e contentiamo una curiosità a cui, dal fitto di queste righe, vediamo foggiarsi le labbra dei nostri lettori. Che diamine! sembra di udirli a gridare. La signora Marianna, la timorata signora Marianna.... tirarsi un amante in casa! Sicuro, un amante; ma l’ara d’Imeneo non è molto lontana. Questo almeno ella crede, la nostra colomba; e questo le mette l’anima in pace. Ma chi poteva innamorarsi di lei? chiederà un altro e più sofisticoso lettore. Di lei che non contava già più i suoi cinquanta autunni, e ci aveva il naso bitorzoluto e il mento fiorito di peli?

Questo signor lettore (sia detto con sua licenza, e con tutta la più gran venerazione che abbiamo, noi poveri venditori di ciance, per questa eletta classe di cittadini) non sa l’amore che sia; non argomenta come possa andare tentoni e saettare a casaccio, un fanciullo che ha sempre la benda sugli occhi. Ed è grande fortuna che sia così. La cecità dell’amore lascia sperare ad ogni donna la sua parte di felicità in questa valle di lagrime. Se l’amore fosse soltanto per le belle e per le giovani, chi le potrebbe tenere a segno, queste care puppattole? Torniamo alla signora Marianna e al suo damo. Chi era costui? Da uno sproposito che già egli v’ha detto, da una frase spagnuola, e dalla notizia del suo giorno monastico, non avete riconosciuto Michele Garaventa, il legionario di Montevideo e di Roma, il servo fidato di casa Salvani? Ma come ciò? Chiedetene ai Templarii e ai loro stratagemmi di guerra; noi ce ne laviamo le mani.

Rispetto al modo come quei due cuoricini giunsero ad intendersi, potremmo sciorinarvi la vecchia teorica delle anime sorelle che si vanno fiutando a vicenda sulla faccia della terra, fino a tanto si raccapezzino e si congiungano; o quell’altra delle mezze noci, maschio e femmina, che Domineddio buttò un giorno per suo diletto su questo globo terracqueo, e che s’agitano sempre, cercandosi l’una coll’altra, si provano e si riprovano guscio a guscio, fino a tanto non paia loro di combaciare per bene; donde occorre che nel rimescolo molti gusci si rompano, molt’altri credano d’aver trovato davvero il compagno, e tanti per conseguenza rimangano vedovati in eterno. Ma di queste invenzioni la prima è una scempiaggine da poeti, l’altra una capestreria da umoristi, e noi bene intendiamo come non vengano a taglio pel nostro assunto di storici. Raccontiamo dunque partitamente, alla buona (e ci assista la Musa pedestre) come l’andò tra