Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/82

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— Questo è pan pe’ tuoi denti! — disse capitan Dodero, volgendosi al Giuliani. — Due paroline sul giornale, e poi si provino a star quatti!...

— No! — rispose il giornalista. — L’accusa sul giornale ha da lasciarsi pei casi disperati. Vediamo in cambio se non si potesse far meglio. —

Il consiglio del Giuliani dovette parer buono, perchè i colleghi di lui si fecero a chiedere all’Assereto che volesse raccontar loro per filo e per segno ogni cosa, e stettero ad udirlo con molta attenzione.

L’ottimo Assereto parlò forse mezz’ora, senza essere interrotto, narrando partitamente e minutamente tutto quel che sapeva; come il suo e loro amico Salvani avesse avuto mano nei rimescolamenti politici de’ giorni innanzi; come avesse in casa sua una sorella adottiva; come fosse stato custodito fino a quel tempo in una cassettina d’ebano il segreto dei natali di lei; come un’apocrifa perquisizione rapisse la cassettina appunto in quell’ora che il Salvani metteva a repentaglio la vita e la libertà; come egli, fallito il colpo, si mettesse in salvo, e come la fanciulla, in quella notte medesima, abbandonasse la casa, tratta fuori da una dama sconosciuta che era andata a cercarla, in compagnia d’un vecchio, congiunto, amico, o servitore che fosse.

Queste cose i nostri lettori le sanno, e non occorre ripeterle, seguendo il filo del racconto di Giorgio Assereto ai Templari. Egli narrò inoltre del servo Michele; e questo, che i lettori ignorano tuttavia, faremo di spiegar loro in brevi parole.

Il povero servitore, sapendo anch’egli della congiura e della parte che ci aveva il padrone, ma non volendo far contro a’ suoi comandi con lasciar sola in casa la giovinetta, segnatamente dopo quel guaio della perquisizione, per un po’ aveva roso il freno, misurando un centinaio di volte, con passo irrequieto, lo spazio che correva dalla cucina all’anticamera, e borbottando tra’ denti qualche verso delle sue canzoni spagnuole. In tal guisa passarono due ore, che gli parvero due secoli; finalmente, non udendo mai nulla, nè una schioppettata, nè un grido, commosso dalla ansietà della padroncina, ed aggiungendovi la sua, che non era poca nè lieve, pensò di andar fuori a pigliar lingua egli stesso, e uscire una volta da tanta inquietudine. E così fece, consentendolo la signorina Maria, dopo aver pregato una vicina che volesse andare a farle compagnia, per quella mezz’ora ch’egli sarebbe rimasto fuori.

Da casa alla piazza Carlo Felice non erano stati che due