Pagina:Barrili - Il prato maledetto, Treves, 1896.djvu/304

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— Che importa il nome, — ribattè quell’altro, — se la persona è la stessa? Sono io meno il vincitore, se mi è piaciuto di entrare in gara sotto le spoglie di un oscuro falciatore? Legio o Costantino, io ho guadagnata la sposa, e la rapirò a queste povere valli, per condurla a risplendere, come ella merita, tra le grandezze di una reggia. Bella Ingetruda, — soggiunse, volgendosi alla giovane — non era questo il tuo sogno? —

Gli occhi d’Ingetruda brillarono, e le sue guance si tinsero di porpora. Una reggia! Sì, veramente, quello era stato sempre il sogno dell’anima sua.

— Tu non puoi; — disse Anselmo, dopo un istante di pausa, in cui aveva fortificata la sua risoluzione con tutti gli argomenti che poteva offrirgli la novità del caso.

— Non posso! e perchè, di grazia?

— Perchè tu hai vinto mentendo il nome e la condizione; perchè la vittoria non basta, ma è necessario ancora l’adempimento di un patto, che era annesso alla gara.

— Sentiamo il patto.