Pagina:Barrili - La figlia del re, Treves, 1912.djvu/18

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l'altra spesa di dar tutto un colore alla casa, decorandola di quei cinque grand’uomini. Le porte erano ampie, tutte d’uno stile, come si è detto, con invetriate bellissime, come non si è detto ancora, che le più belle e magnifiche non le aveva neanche la farmacia Spertini, a mal grado del suo serpente d'Esculapio, di legno in altri tempi dorato ed oramai troppo sfaldato, con frequenti mostre di gesso.

Quando all’edifizio, nel suo complesso architettonico, non ce n’era un altro in tutto il borgo, che gli potesse stare a confronto; neanche la nuova costruzione delle sorelle Cometti, due zitellone che si dicevano le più ricche del borgo. Per trovargli un riscontro vittorioso sarebbe bisognato andar fuori, almeno un chilometro più in là, fino al castello dei conti Sferralancia. Ma era un castello, bella forza! Qual è la casa che può competere con un castello?

Del resto, se il castello dei conti Sferralancia era bello dentro, era tale per sè e per i suoi possessori: la casa Bertòla aveva una cosa unica nel suo genere, un portento da mettere in mostra, il suo Bottegone; quel Bottegone, che ben meritava il suo nome, portandolo da parecchi anni gloriosamente, come Virginio Lorini portava umilmente da un giorno il suo soprannome di Zufoletto.

II.

Zufoletto si ritrovò là dentro come in un mondo nuovo: nuovo, dico, ma piacevole al sommo per lui, come è naturale che sia ogni cosa nuova ed insolita ai bambini, nei quali la curiosità è istinto di cognizione. I nervi sempre desti lo tenevano pronto ad ogni chiamata, ad ogni cura, ad ogni fatica. Sottile com’era, passava da per tutto, senza far mai cascar nulla, o solamente uscire di riga. Pure, della roba ce n’era, in quel Bottegone, e spesso fuori di squadra, in un mez-