Pagina:Barrili - La legge Oppia, Genova, Andrea Moretti, 1873.djvu/60

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56 la legge oppia


han lavorato di buona voglia a sterrargli un campo che sarà messo a coltura; l’aia, il cortile, la stalla, sono lucenti come uno specchio. Egli non ha avuto che a lodare e, rimontando in cocchio, mi ha detto che se ne andava più contento all’impresa di Spagna. Sai che partirà fra quattro giorni, appena sia respinta, com’è da credersi, la proposta del tuo collega Fundanio. Vedrai, gli è proprio il momento buono per entrargli del tuo negozio. Te la concede, amico mio, te la concede; tu se’ nato vestito.

Valerio

Tu mi consoli, Tito Maccio; credo che avrò la forza di aprirgli l’animo mio. Ma ecco; mi par la sua voce.

SCENA III.

Marco Porcio Catone, Erennio littore e Detti.

Catone indossa il laticlavio, tunica di lana bianca, partita sul dinanzi da una larga striscia di porpora. Toga bianca di lana. Petaso in capo, che deporrà nello entrare. Capegli rossi e crespi. Calzari di cuoio.

Erennio ha tunica bigia, e toga. Capegli lunghi e barba. Fasci senza scure, nella mano destra, appoggiati sull’òmero. Una verga bianca nella mano sinistra.

Catone

(di dentro)

Per tutti gli Dei dell’Averno, che sì ch’io t’ho a conciar come meriti, matricolato furfante!

Plauto

Ahi! gira il vento.