Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere I.djvu/29

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diceva Antistene, etiam si omnia desint, solus suffcit, sibi. Scaccino (come dissi di sopra) i Clazomenj il grande Anassagora, e, quasi indegno del nome di cittadino, lo privino della città. Egli non più se ne duole, che se uscito fosse non della Patria ma della prigione: ed escluso da un cantone della terra, che alla sua gran mente era sì angusto, addita il cielo per patria, e mostra per sue concittadine le stelle. Dovunque egli vada, è coperto sotto il medesimo tetto del cielo; e perciò non gli pare d’aver perduto casa, ma d’aver solo mutato stanza. Quid enim referi quam diversa parte consista? Valles quidem, et lacus, et flumina, et colles alios videt. Coelum unum est. Illuc animum erigit, eo cogitationes suas ex omni mundi parte transmittit; nec aliud quam sub tecti unius amplexa, ex alio in alium thalamum transivisse cogitat. Scherniscano gli Ateniesi Antistene, perché non ha casa al mondo, ma tutto il mondo gli è una osteria. Egli si burlerà di loro: Quia quasi cochleæ sine domibus numquam sunt. Viverà alla campagna come i Semidei ne’ Campi Elisj, ne’ quali

Nulli certa domus.

Esca cacciato da Sinope Diogene; ringrazierà chi gl’intima il bando: sì come Teseo fece con Ercole suo liberatore, quando lo divelse a forza da quell’infelice sasso, in cui avea scolpita la pena,

Sedet, æternumque sedebit;

e da quell’increscevolissimo ozio, che solo bastava a fargli un grande inferno, alla primiera libertà lo rimise. L’oltraggino i maldicenti con raccordargli l’esilio. Egli risponderà: I miei Compatrioti hanno condannato me ad uscir di Sinope, ed io ho condannato essi a restarvi. Intendeva il savio uomo, che anzi sbanditi erano essi, perché cacciati da tutto il restante del mondo erano confinati fra le mura d’una città, che non egli che da una città escluso avea tutto il mondo per patria. Lungi da Sinope, la mirava come chi rotto in una improvisa tempesta di mare, e battuto dalle onde ad uno scoglio, mira da