Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere I.djvu/37

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secessum vocemus. Muta luogo, ma non fortuna; cambia ricetto al corpo, ma non, impiego all’animo: e come de’ Semidei disse il Poeta che là già sotterra ne’ Campi Elisi fanno, quello stesso, che qui sopraterra vivendo facevano,

Quæ gratia curruum,

Armorumque fuit vivis quæ cura nitentes

Pascere equos, eadem sequitur tellure repostos;

così il Savio prigione, quel nobile esercizio di mente, quella o sola o prima cura di salir più alto a nuovi gradi di miglior cognizione che libero avea, eadem, sequitur tellare repostum. Con che egli entra in carcere, non per ricevere da esso l’oscurità e ‘l disonore, ma per portarvi la luce e la gloria; vi entra come il gran Socrate, ignominiam, ipsi loco detracturus, disse Seneca; neque enim poterat carcer videri, in quo Socrates erat. Ma non è questo solo il frutto delle Lettere nel Savio prigione: assai più è (quello, che molte fiate avviene), cambiare la prigione in un Liceo, e co’ piedi incatenati ne’ ceppi usare la libertà della mano coll’esercizio della penna; sì che chi visse in una Segreta, noto solo a sè stesso, quasi verme da seta dentro al suo boccio, Jam mutatus in alitem, voli co’ libri suoi per ogni luogo, fatto nella scuola di una prigione publico maestro del mondo. Nella guisa appunto, che il Sole, quando è tolto da questo Emisfero e sepolto sotterra, dà al mondo un mondo di stelle; onde il suo perdersi è con guadagno, il suo nascondersi e con onore. E che altro fanno le conchiglie, che imprigionate in un fondo di mare, attaccate co’ ceppi ad uno scoglio senza luce, anzi senza occhi, lavorano perle, che sprigionate da quel profondo, e tratte dalle tenebre alla luce del Sole e dell’oro, sono poste per ornamento delle corone sa le teste reali alla venerazione del mondo? Così Anassagora, fra quattro pareti d’un’angusta prigione, trovò la Quadratura del Circolo. Così Nevio poeta, mutato il fondo d’una torre ne