Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/102

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Oh a quanti Scrittori, che più d’ una volta hanno fatto gemer’ i torchj, si potrebbe ripetere quel verso d’ Ausonio:

Utilius dormire fuit, quam perdere somnum,

Atque oleum!

Hanno vegliato i miseri molte notti per lavorar un libro, che metterebbe il sonno a quanti lo leggono, se lo sdegno, che sentono contra l’ Autore, non li tenesse svegliati. A quanti libri potrebbe, sotto il titolo che portano in fronte scriversi il nome, con che il Zuazo, Dottore Spagnuolo, chiamò un’ isoletta deserta, dove approdando nella navigazione dell’ Indie non trovò né pur’ erba, non che altro sostentamento per vivere! perciò le pose questo per nome: Nolite cogitare quid edatis. E pure (si come ingegnosamente li chiamò S. Ambrogio) i libri sono i Porti, dove l’ animo non solo dalle tempeste alla quiete, ma dalla povertà all’ abbondanza si ricovera. Ma eccovi, tre sole delle molte ragioni, onde avviene che tanti libri inutili e vuoti d’ ogni bene si stampino.

1. Pare ad alcuni di non far nulla, se fanno solo un libro. Vogliono essi soli fare una libraria. Hinc, oblita modi, millesima pagina surgit

Omnibus, et crescit multa damnosa papyro.

Cento volumi, di mille carte l’ uno, figliuoli d’ un solo ingegno, parti d’ una sola penna, questo ne fa andare altieri e gonfj. E pure la gloria e la fama non si dà al numero, ma al peso de’ libri. Perché quante volte in un fiume di parole non v’ è una gocciola d’ ingegno, e in un mar d’ inchiostro non v’ è una perla, e in una selva di carte non v’ è un ramo d’ oro? Tutta l’ opera sia di cento volumi, potrà dire, come l’ Eco d’ Ausonio:

Aeris et liguæ sum filia, mater inanis

Judicii, linguam quae sino mente gero.

Sì che miracolo di rara pazienza in chi legge è, se, gittando il libro, non dice all’ Autore che lo scrisse, quello, di Marziale:

Vis, garrule, quantum

Accipis ut clames, accipere