Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/120

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vede fa bella; perciò, tantum sibi prædicatorem potuit invenire, a quo jure prima laudetur; quoniam ipsa facit, ut etiam coetera mundi membra digna sint lautibus. Questa è la natura e questi i meriti di coloro, che Seneca, adorando il punto in cui nacquero, baciando la terra in cui vissero, piangendo l’ora quando morirono, chiamò Præceptores generis humani, e, se questo è poco, Deorum ritu colendos. E perche no? direbbe Vitruvio: Cum enim tanta munera ab Scriptorum prudentia fuerint hominibus præparata, non solum arbitror palmas et coronas his tribui oportere, sed etiam decerni triumphos, et inter Deorurn sedes cos dedicandos.


Ambizione, e Confusione; due principj d’ Oscurità, affettata, e naturale.


Se opinione non fosse affatto lontana dal vero quella che anticamente ebbe sì ferma credenza nel volgo, le stelle fisse essere madri e custodi dell’ anime, e ognuno mentre vive aver colasù in cielo la sua, di prima, di mezzana, e d’ ultima grandezza e splendore, giusta i gradi della Fortuna che più o meno riguardevole in terra lo rendono; certe anime oscure, certe menti cimmerie, onde avrebbe a dirsi che fossero scese, senon dalle Nuvolose e torbide stelle, che hanno sì poca luce in tanta caligine, che fra le stelle sembrano anzi macchie che stelle?

Queste sono quelle infelici anime Etiopesse, che tranno oscurità dal Sole padre della chiarezza, imparano la confusione dalla Sapienza madre dell’ ordine; dal fuoco del sacro Palladio, onde tanto più luminosi sono gl’ ingegni quanto più accesi, altro non prendono che l’ oscurità la negrezza de’ carboni; e sdeguando pupille d’ Aquila per