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140 | dell’uomo di lettere |
aliquem. Amplificat, atque extollit orationem, et vi superlationum quoque erigit. Deos ipsos in congressum quoque suum, sermonesque deducit, etc.
Questi sono i caratteri delle Forme del dire nel puro esser loro, accennate solo, non descritte. I maestri dell’arte, che giusta la loro professione ne trattano, compiutamente sodisfaranno a chi è vago d’averne più piena cognizione. A me basta averne quanto era di bisogno sapere per intelligenza dell’avviso seguente. Ed è, che, conforme alla varietà delle cose che si trattano, variare si dee lo Stile, accommodandolo ad ognuna, come la luce a’ colori, che in sì varie forme sì costantemente si trasforma. Una medesima non è la scena, che serve alle Tragedie, alle Comedie, alle Pastorali. Questa vuole campagne e boschi, quella case cittadinesche communali, la tragica palagi reali e tempj. Il luogo si dee confare all’azione. Parimenti l’Orazione vuole adattarsi al suggetto; nè sublimi materie con istile plebeo, nè bassi argomenti con sublime eloquenza si trattano.
In fin ci vuole nell’uso degli Stili quell’accortezza, quel senno, che ebbero alcuni antichi Fonditori di statue, che formarono non d’ogni metallo ogni Dio, ma, giusta le varie loro nature in varie tempre mischiandoli, gli espri mevano sì, che morbidi o crudi, orridi o avvenenti, splendidi o foschi riuscissero: e in ciò lodatissimo fu il giudicio d’Alcone, che lavorò un’Ercole tutto di ferro, laborum Dei patientia inductus, disse Plinio1.
Anzi non solo adatto alla natura degl’interi suggetti, di che si parla, dee usarsi universalmente lo stile; ma in ogni componimento conviene tante volte variarlo, quanto diverse sono le cose che lo compongono. E sì come nelle azioni tragiche talvolta la scena si muta in boschereccia, per esprimere qualche particella o dell’antica Satira o della moderna Pastorale; così, dove in un discorso occorre materia propria d’altro genere che di quello che il preso suggetto comprende, per esprimerla decentemente, conviene mutar forma di dire, usando a tempo suo, come
- ↑ Lib. 34. c. 4.