Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/37

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Del buon’ uso de’ libri cattivi.


Per torre da gli Spartani l’ubbriachezza, Leurgo 1, Legislatore in questo senza legge, reciso e sterpò tutte le Viti. E fu il rimedio tanto peggior del male, quanto sarebbe, se per non vederci deformi di cavassimo gli occhi. Egli, dice Plutarco, doveva anzi condurre le fonti colà dove nascevan le Viti, e correggere Bacco con le Ninfe, un Dio pazzo con molte sagge. Lo stesso avverrebbe a chi, per torre dal mondo il male che tutti i libri gli fanno, togliesse tutti i libri dal mondo. Rimedj estremi sono cotesti, che, come insegna il Padre della Medicina, non vogliono usarsi fuor che per mali estremi, e quando altri non ve ne abbia.

Molti libri vi sono, ne’ quali come nella testa del polpo (ciò che Plutarco disse della poesia), v’è del bene e del male. Il pericolo è per chi sia, come quell’antico Catone. Helluo librorum, sì affamato, che senza scelta divori il bene e ‘l male, onde poi glie, ne venga il mal pro. lo vi do licenza, dice Agostino, che facciate preda e bottino ne’ libri de’ mali Scrittori; ma nella maniera che gl’israeliti la fecero nelle case de gli Egiziani; dove presero i vasi d’oro, ma non gl’Idoli ancorché d’ oro. Aguzzate, come gli Ebrei la falce de’ vostri ingegni alla cote de’ Filistei ma non vogliate mietere ne’ loro campi, facendo senza sospetto la ricolta e i fasci: percioché v’ hanno più loglio che grano.

Chi ha buon’ occhio, vede ne’ libri d’ ingegnoso Autore esposte cose sì varie, come già dall’ astutissimo Ulisse, quando vestito da Mercatante, mille arredi donneschi spiegò inanzi alle Vergini di Sciro; con felice invenzione di savio, a fine di scoprire e guadagnare per la guerra Achille, che la timida madre avea fra quelle Vergini