Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/40

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del prezzo cavato dalla vendita de’ suoi averi; gittarli in mare, e con esso il gittarli dire: Ite; perdo vos, ne perdar a vobis. E appunto Origine, e dopo lui Santo Ambrogio, le nocevoli dottrine de’ ricchi Ingegni chiamarono con la parola di David Divitias peccatorum.

Le Sirene avevano pur dolci e pur soavi i canti. Non sono le Remore sì forti in arrestare le navi quando le afferran co’ denti, come esse le incantavano, sì che senza gittar l’ancora o ammainar la vela quasi rimase sulle secche, restavano immobili.

Delatis licet huc incumberet aura carinis,

Implessentque sinum venti de puppe ferentes;

Figebat vox una ratem.

Ma dietro al canto veniva il sonno, e dietro al sonno la morte. Così tanto sol si godea, quanto vi valea per dormire tanto dormiva, quanto bastava a morire.

Nec dolor allus erat; dabat ipsa voluptas.

A tal pericolo altro scampo non v’era, che chiudere al canto e all’incanto, gli orecchi, usando perciò, le famose cere d’ Ulisse, qui cogitavit felicissimam surditatem; ut, quam vincere intelligendo non poterat, melius non advertendo superaret. Niente meno ci vuole con queste incantatrici Sirene de’ libri dilettosi sì, ma la più parte di loro nocevoli; i quali, e perché inutili e perché dannosi, nescire quam scire melius est.

Per d’oro e di perle che sieno le tazze di Circe, chi vuoi bere da esse il veleno? Per gran curiosità se ne abbia, chi vuol mirare nello scudo di Pallade volto di Medusa, se il mirarlo costa diventare un sasso, e per diventarlo satis est vidisse semel? Quanto scempio e nell’onesta e nella religione fa (per non dire ora della baldanzosa libertà de’ cattivi) la troppa fidanza de’ semplici buoni! che, con fine di ripulirsi l’ ingegno allo specchio di simili libri, per trarre ricchezze, di preziosi pensieri da’ tesori di così dotti Autori, fanno come quegli, che, nel cavare le gemme di testa a’ dragoni,