Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/55

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con un sopraciglio censorio tengono sempre alzate sopra i gli Au- tori che leggono, per isferzarli; godendo non meno essi d’ usare con questo la sferza, che altri lo scettro. Quindi sono nate le tanto liti, le apologie per non dire i duelli, e le tragedie di mille Autori, anche di non ordinario sapere, che in questa maniera d’armeggiare hanno gittato molto tempo e molto sudore; ma con che pro?

Bella geri placuit, nullos habitura triumphos,

materia a me par questa da non passarsi affatto a chiusi occhi. Eccovi dunque, intorno ad essa alcuni pochi avvisi.

Primo: Che un’ uomo, che non ha altro che la lingua e la pancia (come Antipatro disse di Demade), voglia prendersi a fare il Saggiatore degli scritti d’ oro de’ valen’ uomini; trovando in essi quanto v’ è di puro e quanto di lega, condannando ciò che non intende, ributtando ciò che non gli piace, e rodendo ciò che non può masticare che una vil feminuzza, presa in vece di fuso la penna, scriva contra diviii Teofrasto, e, tacciandolo d’ignorante e di scemo, rinnuovi gli antichi mostri delle favole: che una superba Onfale condanni il grand’ Ercole dalla mazza alla rocca, e dall’uccider mostri al filare che un Demostene, cuoco di Valente imperadore, quasi se gli fosse stata la cucina scuola di Sapienza e le stoviglie libri qualifichi la Teologia del magno Basilio e la ributti come vivanda senza sale e Sapienza senza sapore: che un, Messer Gio. Lodovico tratti il dottissimo S.Agostino da ignorante, e pretenda (Sus Minervam) insegnare, le vere forme di Logica a quel grande Agostino tutto mente, a quell’ingegnoso Archimede, che contra i nemici della Verità e della Fede seppe fare tanti fulmini quanti argomenti, prendendo da chiarissimi principj quasi raggi dal Sole le proporzioni, e unendole con le forme dialettiche al punto d’ infallibili conseguenze: non è questo lo stesso, che vedere Mures de cavernis exeuntes corvere una paglia per lancia in petto a Lioni? Ranocchi delle paludi non solo intorbidar l’acqua a Diana, ma volersela ingojar bell’ e intera; Giumenti collo sconcio