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10 notte veneziana di guerra


di voci arriva da ogni parte, cresce, si gonfia, la folla affluisce al centro, nessuno vuol coricarsi senza aver saputo e senza aver visto. Moltitudini oscure, calme, ordinate, curiose, brulicano nei vicoletti e sui ponti. Si dirigono ai luoghi colpiti; è come un pellegrinaggio lento, grave, vasto. Le notizie passano, tutto è noto subito, ovunque.

Non vi sono state vittime. Nè morti, nè feriti: le bombe austriache sono cadute quasi tutte in luoghi aperti e deserti. Soltanto due case sono state toccate, due vecchie case modeste che la guerra è andata a cercare nel fondo di pittoreschi campielli, pieni ancora di un odore di picrato. Un po’ di tegole rotte, un po’ di calcinacci sono disseminati sul lastricato antico, intorno al pozzo. Nessuna granata incendiaria ha acceso su Venezia uno di quei tragici crepuscoli che dopo certe incursioni nemiche hanno lungamente arrossato il Campanile di riflessi sanguigni.

In qualche serata di questo plenilunio il fuoco si è sostituito agli esplosivi nel far danni: danni fortunatamente non gravi, ma che hanno ferito anche delle chiese di minor valore. Non è possibile che una bomba cada su Venezia, sia pure nell’angolo più recondito, senza toccare una bellezza. Così Santa Maria Formosa ha avuto il tetto bruciato. Oggi lavoravano gli operai allo sgombero delle sue navate