Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/21

Da Wikisource.

notte veneziana di guerra 11


scoperchiate, invase dal sole, e dai cumuli di macerie tiravano fuori brandelli di tela annerita, quello che resta delle pitture del Lazzarini che ornavano il soffitto.

Un’altra bomba incendiaria è caduta proprio al centro della cupola di San Pietro di Castello, l’antica cattedrale. Ha bruciato la lanterna. Si vedevano le fiamme in vetta alla mole rotonda come sopra a un’ara gigantesca e strana. Il fuoco è stato fermato subito, mentre scendeva dietro ai rivoletti di piombo liquefatto della copertura e mordeva le armature scoperte. Non ha fatto altra devastazione che uno squarcio, ai cui bordi carbonizzati la croce di ferro abbattuta si afferra con le grandi braccia aperte. Una parete della sacristia di San Francesco della Vigna è stata sfondata da una bomba esplosiva il cui soffitto ha portato nel convento un disordine di saccheggio.

Ma se si tiene conto delle centinaia di bombe che sono state gettate dai barbari sulla zona di Venezia, si ha il concetto della forza di protezione che vigila sulla città. Qualsiasi danno a Venezia, anche il più lieve, ci appare enorme, ci indigna, ci esaspera, troviamo mostruoso che non possa essere impedito, sentiamo oltre al male la profanazione, che è irreparabile. Dobbiamo però al danno subito paragonare il danno evitato. Venezia esce intatta dalle piogge di