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118 la fine di cesare battisti


ranta ore. Mentre la vittima era trasportata a Trento, il boia Lang, chiamato telegraficamente, viaggiava da Vienna con i suoi manigoldi. Non vi era tempo da perdere. Sì, avevano paura, i carnefici gallonati, che il Martire sfuggisse al capestro imperiale. La forca austriaca stava per essere privata della sua preda. Nessuna intercessione, nessuna grazia erano da attendersi, ma qualcuno lavorava a salvare Cesare Battisti dal patibolo: la Morte.

La Morte misericordiosa sopraggiungeva. È stata una corsa fra lei e l’ignominia austriaca. L’ignominia ha vinto.

Una volta, nei tempi più barbari, la malattia del condannato faceva soprassedere all’esecuzione. Si vedeva nel male l’intervento di una volontà più alta di quella degli uomini, il segno di una sentenza imperscrutabile, la prova di una pietà divina che stendeva la sua mano sulla vittima. Ma l’odio austriaco non voleva essere defraudato dalla gioia di strozzare un moribondo, e dalla illusione di strozzare con lui tutti gl’ideali, tutte le aspirazioni, tutti gli entusiasmi di una razza.


Brevemente, questi sono i fatti che hanno preceduto la cattura di Cesare Battisti.

Nella notte dal 9 al 10 il battaglione Vicenza, del quale egli comandava una compagnia, salì all’attacco del Monte Corno. Salì da ponente