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il guado dell’isonzo 147


nemmeno nel sonno breve e febbrile, e che rugge nel fondo del nostro essere come il mugolìo eterno della conchiglia.


All’alba il combattimento continuava violento fra il Podgora e Oslavia. Il lettore voglia seguirci sulla vetta del Sabotino appena conquistata, dalla quale tutta la battaglia si domina. I buoni osservatori del giorno 6 sono già troppo lontani il giorno 7. Il prodigioso balzo in avanti dell’esercito italiano contro i più formidabili bastioni che la natura e l’arte militare abbiano mai opposto ad un assalto ci permette di raggiungere luoghi che finora la morte interdiceva.

Tutto parla di morte sul Sabotino, truce montagna divoratrice di uomini, strana, gonfia, regolare come un cumulo immane di macigni, arida sui declivi battuti dal cannoneggiamento di un anno, sconvolta, biancastra, del colore di un ossario mostruoso, come la montagna della leggenda buddhista narrata da Lafcadio Hearn, la vertiginosa montagna fatta di crani. Si percorre una strada che ha una storia feroce, aperta a furia di assalti, lungo la quale ogni passo è costato una vita. La lotta tenace e sanguinosa ha inciso nella pietra profondamente le sue tappe. Si va su faticosamente per sentieri scavati nella roccia, per camminamenti tortuosi e ripidi, per corridoi sinistri, angusti,