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il guado dell’isonzo 157


avvolti. Gli austriaci tiravamo a shrapnells, facevano salve su salve. Raffiche di piombo fustigavano l’acqua che si è costellata di piccoli getti candidi. Qualche ferito era passato indietro, sostenuto da mano a mano.

Il passaggio si è fatto vicino ai ponti. Le prime pattuglie arrivate alla riva, inerpicatesi alla scarpata, aggrappandosi alle fronde di acacia che la ricoprono, portatesi al bordo della sponda hanno aperto il fuoco contro i bombardieri dai gas lagrimogeni, che si sono arresi. A poco a poco la linea si è andata estendendo lungo la banchina del fiume. Dei piccoli nuclei si sono portati alla difesa dei ponti.

Vi sono due ponti, vicini. Uno di ferro, che nereggia massiccio fra le verdure delle sponde, il ponte della strada rotabile di Lucinico. L’altro in muratura, che porta la ferrovia, alto e monumentale, che lancia verso Gorizia la fuga maestosa dei suoi archi, come un acquedotto. Si scorgono in questo ponte preparativi di mina, e il primo arco è spezzato. Ma il danno così lieve può attribuirsi anche a qualche nostra grossa granata caduta lì durante i tiri di interdizione.

Alle tre, la linea avanzata aveva oltrepassato la stazione ed era alle prime case di Gorizia.

Qualche pattuglia passava, per perlustrare gli accessi, sul ponte di ferro, in una grandine di fucilate. Gli austriaci si difendevano dagli abi-