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172 a gorizia

un immenso movimento di veicoli, di uomini, di cavalli. L’avanzata della fronte propaga lontano il suo moto, trascina con sè quartieri generali, basi di rifornimento, stazioni di deposito, riserve, sposta tutto, attiva la circolazione dei servizi; ed è tutta la vita dell’esercito che affluisce, che scorre, che palpita nelle arterie del paese. Le file sterminate di carri, di cassoni, di camions, di furgoni, di automobili, non hanno interruzioni, non hanno lacune, scorrono serrate con un rumore profondo fatto di scalpitii, di passi cadenzati, di rombi di motori, di fragori di ruote. E tutta questa attività prodigiosa ha qualche cosa di incorporeo nelle nebulosità del polverone, come in una nebbia opaca, in una folta caligine popolata di ombre agitate, nella quale tutto sembra sospeso, evanescente, indefinito, irreale.

Per queste strade, che fino a ieri il fuoco nemico interdiceva, fiancheggiate da rovine, si ha il senso definitivo dell’avanzata, dell’irrompere violento di una grande forza. È la guerra che passa. Pare che tutto corra verso il cannone, che il tuonare della battaglia allontanandosi chiami a sè inesauribili energie, urgenti, e piene.

È necessario riattraversare le posizioni abbandonate per rientrare nel vortice di questa vita. Si ripassa fra i morti che impugnano ancora il loro fucile, rimasti soli a combattere una