Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/201

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nella "trincea del sogno" 191

lina era ancora piena di morti, e i soldati nostri avevano dimenticato gli orrori passati, gli assalti sanguinosi e vani, le lunghe e atroci sofferenze, tutti accesi di entusiasmo, di un entusiasmo grave, senza parole, composto, fatto di fierezza e di risoluzione, terribile, un entusiasmo che è tutto negli occhi, che è in una indicibile espressione di forza, di volontà, di certezza.

Hanno familiarità con la morte, la sentono sempre vicina, e cadere colpiti non ha nel loro pensiero più importanza del cadere addormentati. Per compire i prodigi di valore dei nostri soldati in questa guerra di assalti, per tornare e ritornare all’attacco di posizioni massacratrici, bisogna arrivare a saper combattere con la certezza di morire.

Sporchi, bronzati, con le barbe lunghe, temprati dalle intemperie, fortificati dalle fatiche, inselvaggiti, modesti, terribilmente calmi, pronti a tutto senza esitazione e senza eccitazione, i soldati d’Italia hanno qualche cosa di possente e di antico; emana da loro il senso di una cosa formidabile e semplice come la violenza di un elemento. Non è possibile descriverli, è necessario vederli per comprenderli. La lunga lotta feroce li ha trasformati, ha fatto risalire dal fondo della loro anima virtù guerriere che dormivano da secoli, la vecchia combattività della razza.