Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/224

Da Wikisource.
214 l'attacco


Il bombardamento aveva delle calme. Era per dar modo alle pattuglie di avanzare ad esaminare i varchi aperti dal fuoco. Si sapeva che le pattuglie sarebbero uscite dalle undici alle undici e mezzo e dalle tredici alle tredici e mezzo: tutto era stabilito per programma. In quei momenti, il panorama si nettava; riapparivano le trincee, i reticolati e si vedeva la nostra fanteria che si ammassava per l’assalto. L’ora dell’assalto: le quindici.

Ad ogni tregua del cannone, si rivedevano le posizioni più nude, più sterrate, di un colore di roccia spaccata. Nova Vas mutava profilo. Si cercava qualche suo edificio visto prima, e non si trovava più. La facciata della sua chiesa era caduta come un sipario. Intanto gli austriaci, allarmati dalla quiete, uscivano fuori dalle caverne. La loro artiglieria disseminava con orgasmo granate e shrapnells da ogni parte, batteva il Vallone, batteva i rovesci, tirava su Doberdò, su San Martino, su Monfalcone, cercava i nostri cannoni e le nostre riserve. Gli artiglieri italiani gettavano voci di scherno ad ogni proiettile nemico che scoppiava vicino.

Alla seconda ripresa del bombardamento il cielo si è fatto più fosco e un temporale si è scatenato. Diluviava e pareva già notte. Gli osservatori non vedevano niente, si tirava in un caos di grigiori. Tutto era buio, velato, e il