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342 una meteora tricolore su trieste


Città Irredenta come una prodigiosa meteora tricolore, un segno divino di vittoria.

Una esplosione ha lampeggiato: l’artiglieria antiaerea apriva il fuoco. L’aeroplano, sorpassato il centro della città, ha virato verso il largo. Un giro a sinistra lo ha riportato a rivedere l’incendio. Le fiamme crescevano e il fumo scendeva sull’acqua.

Continuava il cannoneggiamento. I proiettori riuscivano di tanto in tanto a ritrovare l’aeroplano che si allontanava. Per quattro volte i nostri si sono trovati immersi nei fasci candidi che si incrociavano sul volo, così violenti che l’apparecchio illuminato aveva splendori di incandescenza. Per quattro volte sono sfuggiti, deviando con impetuose manovre. Gli scoppi delle granate intorno si allontanavano e si facevano meno frequenti. Poco dopo l’aeroplano rientrava nella notte calma.

La luna era salita. Al ritorno il mare non sembrava più lo stesso. Era di un grigiore di perla. Ed era la riva questa volta che appariva nera. Essa avanzava fosche e taglienti solidità sul diafano pallore delle acque. L’aeroplano volava gioiosamente con tutti i suoi lumi accesi. Era in festa. «Domani è San Giusto!»

Alle otto scendeva al suo campo.

Osservatore e pilota hanno avuto la medaglia d’argento al valore. Sono il sottotenente Giacomo Macchi e il sergente Giuseppe Buffa.