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346 l’eccidio degli inermi


parla. Gli ordini sono susurrati. Soldati e pompieri si affannano taciturni fra le macerie, in una cavità insanguinata, e raccolgono cose da cui torcono lo sguardo. Si è rinunziato a riconoscere i morti. Si cerca di riconoscere gli oggetti: un orologio, un anello, il brandello di un indumento. Le povere donne entrate là dentro con i bimbi in braccio avevano quasi tutte portato con sè, avvolte in un fazzoletto, le cose più care, il povero tesoro della loro casa, esili gioielli, piccoli gruzzoli di monete, e questi oggetti vengono alla luce, spezzati, maciullati, ma eloquenti. Di tanto in tanto un lavoratore si solleva pallido, accenna fra i rottami a qualche cosa che lui solo ha visto e si passa una mano agli occhi con un gesto di oppressione. «Coraggio!» — gli sussurra un ufficiale. Il lavoro si fa cauto intorno al punto indicato, diviene lento, attento, leggero, pieno di un oscuro rispetto. Ma non si finirà dunque mai di sondare il mistero di quella atroce sepoltura? E il silenzio è così profondo che pare che la città nelle vicinanze non viva la sua vita di ogni giorno. Lo scricchiolìo sinistro di qualche trave che cede sotto le macerie dell’ edificio, il rumore di una pietra che cade dai muri pencolanti, hanno una risuonanza enorme. Si sente il peso immobile e gelido di un orrore indicibile. Meglio il campo di battaglia! I suoi cadaveri esprimono la lotta; ma questi avanzi