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52 nella regione riconquistata


e lo scintillìo dei bossoli intorno ai morti dice la tenacia della resistenza. Cadaveri austriaci a mucchi enormi, caduti in pose strane, stringono ancora nella destra annerita delle granate a mano. Si vedono gruppi di nostri morti che hanno tutti lo stesso gesto, caduti nella corsa verso il nemico, fulminati nell’assalto, la baionetta avanti. Si cammina fra granate a mano di ogni forma, italiane e austriache, fra armi di ogni genere sparpagliate dalla bufera della battaglia, fra casse di munizioni italiane e austriache frammiste, fra indumenti dei due eserciti, fra caschi e berretti. È una mischia immane che si perpetua nella immobilità della morte.

Il generale che comandava la posizione è tornato oggi per la prima volta sul posto e si aggira solo, silenzioso. Cerca la tomba di un ufficiale mitragliatore. Ferito una volta al petto, egli non volle lasciare il suo posto. Ferito una seconda volta al ventre rifiutò ancora di ritirarsi: «Posso ancora sparare!» — urlò senza voltarsi. Una granata di grosso calibro lo colpì in pieno lanciando in aria lui e l’arma. La sua mano destra troncata rimase attanagliata al manubrio della mitragliatrice nella posizione di fuoco.

Una volontà eroica, un’abnegazione sublime era in tutti, e insieme una certezza di vincere, un misterioso presentimento del trionfo che