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86 il baluardo ripreso


dalle sue caverne, dai suoi rifugi per rioccupare le trincee, e lanciava a decine i suoi razzi illuminanti che solcavano il cielo per crearvi abbaglianti costellazioni mobili ed effimere, meteore oscillanti sotto alle quali tutte le vette intorno apparivano diafane e chiare. Ma dopo una mezz’ora, tutto ad un tratto la bufera delle cannonate si riabbatteva sulle trincee. Il tiro si riavvicinava di colpo; si udivano i piccoli calibri fondere le loro voci come se fossero state delle enormi mitragliatrici a far fuoco, e nel nuovo fumo scintillavano gli shrapnells con una frequenza di faville sotto il martello.

Le truppe destinate all’attacco erano state ritirate dalla vicinanza delle rocce da scalare, per proteggerle dalla grandine di schegge che scendeva sibilando dall’alto. Frantumi di acciaio e di pietre ricadevano dal ciglione. Per distruggere i reticolati molti colpi dovevano battere proprio sul margine della terrazza, alla sommità della parete, e ogni cannonata faceva crollare macigni nella gola del Caviojo. Si udiva da lontano lo scroscio lungo delle frane. Pareva alle volte che non finisse mai la scivolata dei sassi, col suo rumore cupo di ciottoli scaricati a valanga.

Tutti i soldati guardavano in su, contenti. Commentavano con voci di entusiasmo le varie fasi del bombardamento. Presentivano la