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420 capitolo xix.


Consultammo le carte della regione. Il villaggio più vicino era a otto verste.

— Bene! — riprese il Principe. — Ora dobbiamo trovare il modo di fare ancora otto verste. Per otto verste la ruota si può riparare.

Egli dimostrava sempre una calma energia, ricca fonte di rimedi. Fu immaginata una ingegnosa riparazione sommaria, capace di resistere ad un piccolo tragitto, purchè fatto con le debite cautele. Si trattava d’incastrare dei pezzi di legno fra il mozzo della ruota e il cerchione, a guisa di raggi addizionali, messi a contrasto e legati solidamente con delle corde. Ettore si pose alacremente al lavoro. A colpi d’ascia tagliò forti rami da un albero, ne sgrossò i pezzi occorrenti, e li spinse a martellate fra un raggio e l’altro della ruota dopo averla sollevata con la binda. Poi li avvinse strettamente con le corde ai raggi stessi.

La ruota prese l’aspetto d’un singolare fascio di legname contornato da una pneumatica. Mentre si lavorava sopraggiunse un vecchio mujik che spingeva avanti a sè un vitello.

Il vecchio si fermò a guardare, e anche il vitello. Dopo avere osservato attentamente, esclamò;

— Salute!

— Salute.

— Ci vuole la ruota nuova!

— Eh, si.

— C’è un uomo che può farvela, qui vicino.

— Una ruota così? — gli domandò Borghese con tono d’incredulità.

— Così, padrino! — rispose il vecchio — Così. Egli è il più abile fabbricatore di slitte e di teleghe di tutta la regione. Non ne trovate nemmeno a Perm uno così bravo.

— Ma questa è una telega molto complicata. Una telega che cammina da sè.

— Lo vedo che non è come le nostre; però Nikolai Petrovitch è capace di rifarvi una ruota, tale e quale.