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CAPITOLO XXI.
LASCIANDO LA RUSSIA
Al mattino del 31 Luglio, alle quattro precise, la nostra automobile usciva dal garage dell’Hôtel Métropole resa più snella da una notevole diminuzione di bagaglio. Essa lasciava a Mosca quell’arredamento da esploratrice che la rendeva tanto singolare. Lasciava i cordami, le catene, le carrucole, le pale, i picconi.
Andando avanti aveva gettato poco a poco tutta la roba inutile o greve. Aveva lasciato due parafanghi a Kalgan, e due sulle praterie mongole, aveva disseminato provviste di corned beef e ferraglia, aveva lasciato cadere zavorra, come un pallone, per alleviare lo sforzo delle molle. A Mosca, oltre ai nostri pochi effetti personali, non portava più che qualche gomma di ricambio. Aveva preso un’aria di risolutezza; pareva che si fosse spogliata, come un atleta, per correr meglio.
Seguiti da altre automobili che facevano scorta, attraversammo velocemente la città non ancora silenziosa. L’alba è un’ora di movimento a Mosca: la folla ritorna dai restaurants e dai concerti. Ricevemmo così partendo gli addii della popolazione che si diverte, dopo aver ricevuto arrivando i saluti della popolazione