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avvicinando la mèta 489


I soldati cantano in coro un inno guerresco, e noi subiamo l’impressione profonda che produce questa calda musica espressa dalla vigorosa, grave, formidabile voce della soldatesca.

Un istante, e la scena cambia.

Attraversiamo il mercato di Magdeburgo, gaio di colori, di movimento, costellato dalle cuffie bianche delle contadine; una vecchia chiesa getta sul tumulto l’ombra lunga e sottile delle Partenza da Wladimir per Mosca. sue cuspidi gotiche. Ma le città, per quanto interessanti, c’impazientano perchè ci trattengono.

Noi non siamo contenti che quando sull’automobile la leva del cambio è abbassata alla quarta velocità e la vettura balza avanti, fendendo l’aria come una meteora. Borghese vuol spingersi più in là che sia possibile; preferisce, per giungere a Parigi il giorno dieci, data fissata fin da Mosca, fare qualche giorno di riposo vicino alla mèta, piuttosto che raccorciare le tappe. Gli è venuta la strana paura che ora, proprio ora, non possa più arrivare, e vuol essere sicuro. È la febbre dell’arrivo che noi abbiamo.