Pagina:Barzini - Sui monti, nel cielo e nel mare. La guerra d'Italia (gennaio-giugno 1916), 1917.djvu/176

Da Wikisource.
166 la montagna delle folgori


pito, si accasciava pesantemente, e gli altri lo sostenevano sospeso sul baratro. Ressero allo sforzo per tutto il giorno. Alla sera la catena, appesantita di cadaveri, stava ancora salda; morti e vivi si tenevano per mano. Fu una lotta lunga, lunga e dura, quella del Monte Rosso.

Dopo la meravigliosa conquista del Monte Nero, che sgominò e sgomentò gli austriaci, le circostanze forse non ci permisero un immediato balzo in avanti, sulle vette allora quasi indifese che comandano la valle del Tominski, alle spalle di Tolmino; e il cui possesso avrebbe avuto lontane ripercussioni nella vallata dell'Isonzo. Quando potemmo muovere all’attacco, urtammo per tutto in una resistenza che è andata sempre rafforzandosi. Non potemmo oltrepassare il Monte Rosso, sul quale le linee avversarie si toccano.

Sono così vicine, che non vi si combatte più che con granate a mano. Varie volte i nostri assalti hanno scacciato gli austriaci dalle loro trincee, ma subito dopo sulla vetta, tutta nostra, si concentrava un bombardamento infernale. La vicinanza del nemico è una garanzia contro il cannone. Ai primi tempi di questo condominio, dalle due parti i soldati uscivano alla notte per far reticolati, e lo spazio era così ristretto fra le due trincee che gl’italiani e gli austriaci lavoravano insieme, in tacito accordo, sotto al cielo stellato. Al primo chiarore