Pagina:Barzini - Sui monti, nel cielo e nel mare. La guerra d'Italia (gennaio-giugno 1916), 1917.djvu/177

Da Wikisource.

fra le nevi del kozliak 167


dell’alba tutti rientravano e ricominciavano le fucilate.


Il fuoco nemico domina gli approcci delle nostre posizioni. Chi passa sul lungo costone tagliente che vi conduce, è bersaglio di fucilate e di cannonate. Ma la montagna spesso cela, si copre di nubi, si avvolge di tormenta. La notte anche protegge. Le squadre che portano viveri e munizioni alle trincee partono, curve sotto ai carichi, nelle ore tenebrose, riscavandosi spesso la strada passo passo nelle nevi, lottando con le tempeste, percorrendo cornici anguste che sembrano sospese sul precipizio. Occorrono talvolta sei, sette ore di marcia e di lavoro per un percorso che normalmente si compie in un’ora. Quando imperversa l’uragano, può avvenire che i portatori accecati, storditi, soffocati dai turbini di neve, disorientati, sperduti, non possano più procedere e non possano più ritrarsi. Non si hanno più notizie di loro. Bisogna andarli a salvare, e squadre di soccorso partono nello scatenamento della bufera. Partono legate con corde, lanciando gridi di richiamo che il vento disperde e fonde nell’urlo immenso delle raffiche.

Al di là del Monte Rosso, la grande catena rocciosa che scende a sud-est verso Tolmino è ancora austriaca. Digrada nei fieri speroni del Rudecirob, un monte che ha nel nome barbaro quasi una sonora espressione di or-