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l’assalto 113


dature, attraverso il velo azzurrastro del fumo e fra le vampe delle mitragliatrici.


A questo punto un nuovo piano di azione è stato dettato dal comando. Era l’una del pomeriggio. La fronte di attacco aveva reparti alpini al centro, della fanteria a destra, dei bersaglieri a sinistra. Per rendere più sicura l’avvicinata si è pensato di scavare delle gallerie nella neve.

Ma allo scavo di ogni tunnel non potevano lavorare più di tre uomini alla volta. Il lavoro progrediva troppo lentamente. Dopo due ore si è constatato che l’intera perforazione dei cunicoli avrebbe richiesto giorni e giorni. E bisognava attaccare subito, bisognava vincere presto, ad ogni costo, o tutte le posizioni potevano divenire intenibili. Era necessario quindi rinunziare alle gallerie e passare sopra alle nevi profonde e molli, nel diluvio del fuoco. Si sono raccolte tutte le racchette disponibili.

Non bastavano per fornire ogni soldato, ma erano sufficienti per i plotoni che avrebbero aperto il passo. Le truppe di attacco avrebbero profittato delle larghe orme ovali lasciate dalle racchette dei pionieri. Poco prima di iniziare la manovra, un alpino della compagnia bloccata al Castello Rosso è sbucato fuori, non si sa dove. Portava notizie.

Era in cammino dal mattino; si era dovuto

Barzini. Fra le Alpi, ecc.