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l'attacco austriaco al pal piccolo 128


gento per la conquista del Freikofel. — Ma ho già una quarantina di uomini fuori combattimento. Reggerò fino al vostro arrivo!»

Subito dopo il telefono si interruppe.

Non era più possibile sapere nulla di quella compagnia avanzata e bloccata. Il suo isolamento, la sua estrema vicinanza alla posizione presa dal nemico, il suo silenzio che nessun messaggio di staffette interrompeva, lasciavano penetrare in tutti a poco a poco l’angosciosa persuasione che essa fosse prigioniera.

Cominciarono nei camminamenti di neve, prima ancora dell’alba, i movimenti delle piccole riserve. La scaramuccia si stava trasformando in battaglia, nella più grande e bella battaglia che si sia mai combattuta fra i glaciali orrori dell’alta montagna, sul bordo di precipizii, in trincee di neve, in mezzo alle immense onde maestose di una tempesta di pietra e di gelo.

È stata una battaglia superba, lenta, lunga, terribile, piena di tragiche vicende, agitata da critiche alternative, sanguinosa, sfolgorante di eroismo, vinta in virtù di sforzi sovrumani, di volontà ardenti, di entusiasmi magnifici, una battaglia che ha sventato il più formidabile piano di attacco del nemico contro quella porta d’Italia.

Non si è trattato semplicemente della lotta per il possesso di una trincea. Il nemico sulla vetta del Pal Piccolo voleva dire il nemico padrone in breve del Passo di Monte Croce.