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la vittoria 135


to violento e definitivo. La bomba era gettata. La caverna di ghiaccio si è empita di fumo e di urla. E l’alpino continuava a buttar dentro granate, col fare metodico di un lavoratore. Poi è salito su, ha scavalcato il parapetto, seguito dal compagno. Il nemico era sloggiato dalia galleria.


Poco dopo si è udito un grido lungo, immenso, inaspettato, glorioso: Savoia! Quelle truppe che si trovavano in marcia da sei ore, immerse nella neve sul costone di sinistra, arrivavano. Erano le otto.

Il grido si è propagato, ha portato un risveglio inaudito in ogni cuore, è stato come l’urlo di una resurrezione, una vita nuova ha soffiato il suo calore sui soldati immobili, agghiacciati, intorpiditi dal freddo e dalla mortale stanchezza, coperti di nevischio e di brina. Si è visto passare un fremito fra le rocce e sulle nevi. Da balza a balza, da costa a costa, i gruppi trincerati nel gelo si parlavano, si chiamavano, rispondevano. Tutta la montagna vociava.

La tempesta delle esplosioni, dei colpi, dei sibili, si faceva sempre più violenta, rabbiosa, esasperata. La battaglia si riaccendeva vasta, terribile, rombante e tuonante, in un parossismo di furore. Strana e magnifica battaglia, al di sopra del mondo, fra le nubi, in una isola di inverno erompente dai mari tepidi