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160 la montagna delle folgori


do, si allontana dalla vita, allarga la sua sepoltura.

La valanga è la difesa suprema delle altitudini contro l’uomo, il contrassalto delle vette, la rivincita formidabile della montagna. Dopo gli immensi sforzi della organizzazione, del lavoro, della volontà, dopo i sacrifici costanti degli eserciti per alimentare la guerra sulle cime, si arriva nei lunghi mesi dell’inverno ad una paurosa ed ineluttabile violenza massacratrice, demolitrice, annientatrice della natura, e bisogna passare. Bisogna passare nel cataclisma bianco. Bisogna passare nel crollo immane dei ghiacci. Non si può far niente, niente altro che passare. Una carovana è sepolta, un’altra sale. Mentre centinaia di uomini lavorano ai salvataggi, inerpicati fra le scabrosità degli ammassamenti caduti, il transito riprende. L’essenziale è che lassù alle trincee si viva. I varchi sono obbligati, non si devia, si è condotti fatalmente sotto al pericolo. Quando si vedono lontano le lente, minute processioni di soldati intraprendere la traversata delle zone mortali, si sente che qualche cosa di grande si compie. Si ha l’impressione di una specie di sfida favolosa e solenne, e quella fila di puntini che si muovono lungo la parete bianca, assume improvvisamente nella nostra emozione la imperiosa possanza del suo coraggio, una forza e una freddezza che si contrappongono alla minaccia mostruosa del monte.