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freschezza di tutta una stirpe soldatesca scesa in lui insieme alla confidenza atavica con la guerra, insieme all’istinto della battaglia, insieme alle virtù del comando. Esistono giovinezze che hanno forse delle lunghe esistenze umane come unità di misura. In Cadorna pare che viva un’anima atletica, e la voce profonda e robusta che sgorga dal suo ampio torace, il gestire lento ed espressivo della sua mano larga, sembrano l’espressione fisica di questa possanza interiore.

Non è come Joffre un silenzioso, ma non spreca le parole. Le economizza come delle munizioni; le riserba per raggiungere uno scopo, al quale vanno dritte come un tiro di artiglieria. Spesso tace a lungo e pare distratto, ma ascolta, e se scopre nella conversazione un errore da distruggere, una verità da dimostrare, allora lancia qualche frase. È un fuoco di idee, una raffica breve, e tutto il reticolato di congetture, di raziocinii, di ipotesi, che si era intrecciato intorno a lui, è rotto, scompigliato, e la realtà appare. Si parli di guerra o di storia, di politica o di arte, egli ha l’espressione che definisce e che finisce.

Perchè Cadorna ha fatto del buon senso la legge fondamentale del pensiero. «L’arte della guerra — egli ha scritto — deve ispirarsi al puro e semplice buon senso». In questa massima è tutta la scienza della vita. Egli ha esercitato il buon senso come un matematico