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202 la montagna dalle folgori


la parete finestrata. Nel breve spazio, seduti al bordo delle lettiere e vaganti nel passaggio, i soldati conversano, leggono, cantano, vivono, in un affollamento da alveare, sotto a fasci appesi di fucili, di zaini, di sacchi.

Quand’è venuta la neve, tutto è stato sepolto. Non soltanto essa s’è ammassata sulla spalla e sul vertice della vetta, ma lanciata con veemenza dall’impeto degli uragani si è attaccata alle rocce a piombo, ha coperto le pareti verticali del monte, vi ha formato spessori inauditi, duri e lucenti; ha preso nella sua massa i rifugi e le scale, chiudendoli in una crosta enorme di gelo. E dei baraccamenti pieni di uomini non v’è altra traccia sulla bianca eguaglianza della favolosa muraglia che dei piccoli buchi profondi e fumosi, che corrispondono alle finestre.

Ci si muove dunque sotto alla corteccia di ghiaccio come dei tarli dentro alla scorza di un albero. I cunicoli che vanno ai rifugi seguono approssimativamente gli antichi sentieri, ma quando essi saranno scomparsi col disgelo non si saprà più precisamente dove erano. Si dirà: Passavamo di lì! — e si additerà nell’aria. Il Monte Nero presenta ora aspetti che svaniranno come un sogno.

Per raggiungere certi baraccamenti, ad un tratto, per pochi metri si passa all’ aperto. Uscendo alla luce, per un attimo un soffio freddo di sgomento vi investe e vi ferma. Si