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sioni, suscitando ammirazione e fiducia nei sottoposti, nei compagni e nei capi». Cadorna lo encomiò, e dopo averlo rimandato nei ranghi chiese: «Perchè non è proposto per il grado di sottotenente?» — «Impossibile, Eccellenza, non sa scrivere» — fu risposto con convinzione. «E chi ha bisogno che scriva? — esclamò il Generalissimo alzando le spalle — Basta che sappia prendere una trincea!». Cadorna applica in tutto quella «praticità semplice» che egli raccomanda nei suoi ordini.

Senonchè la praticità semplice, come il buon senso, è la virtù più rara, perchè ogni persona, essendo profondamente persuasa di averla già, non la cerca. Ognuno ha un punto di vista diverso che gli sembra pratico, al quale mette in rapporto tutti gli atti della vita. Chi ha quello della propria gloria personale, chi ha quello del proprio riposo morale, chi si sente in regola quando un regolamento gli dà ragione. Tutto ciò è umano, avviene negli eserciti come nelle società. Il meraviglioso è come Cadorna riesca a polarizzare tante inevitabili forze divergenti, a farne un fascio sempre più compatto di energie nel quale nulla si sperde. Egli ha fissato una mèta: la Vittoria, e verso di essa volge tutte le possibilità, senza deviazioni, con fede intensa.

Ogni suo ordine è un tònico nell’organismo militare. «La disciplina è la fiamma spirituale della vittoria. Vincono le truppe più discipli-