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la guerra all'invisibile 243


trappeso. Ogni persona a bordo porta al collo una specie di strana cravatta nera dalla quale pende sul petto un tubo di gomma: è un salvagente pneumatico. Bisogna essere sempre pronti al disastro su quell’umile vapore che esplora i sentieri del mare.

Rasenta spesso la catastrofe. Se incappasse direttamente in una mina, scomparirebbe in una eruzione di rottami e di schegge. In questo caso, anche la cravatta pneumatica sarebbe inutile. Ma avviene talvolta che le torpedini pescate si urtino fra loro ed esplodano, a meno di cento metri dalla poppa. Il battello è preso allora come in una tromba marina. Viene sollevato, la prua in basso, le eliche in aria, dal gonfiarsi repentino del mare. Una montagna d’acqua lo sovrasta. Gli uomini si sentono gettati violentemente al suolo da un soffio irresistibile e ardente. Un istante dopo la poppa affonda sotto al peso di immani e scroscianti cateratte: è la colonna d’acqua che ricade. Per alcuni secondi non si vede più niente; il battello è avvolto da un precipitoso candore di spunte e da turbini di fumo. Ma beccheggiando e rollando esso emerge dalla breve tempesta, e si affretta a cannoneggiare le mine non esplose.

I sottomarini non si avvicinano molto ai dragamine, che sanno armati. Il sottomarino è un animale feroce e prudente. Ma i pescatori di torpedini hanno scorto qualche volta la