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262 | lettere dal mare |
e accorrere quando non c’è nessuno a bombardare in fretta una città indifesa si chiama ora fare la guerra logica. Adesso sul mare è buona strategia la prudenza. È sorta la scienza dello star rinchiusi e del non esser visti. Le nostre squadriglie la ignorano.
Abbiamo bisogno di questo mare, e lo teniamo. Lo teniamo nelle condizioni più sfavorevoli, senza porti, senza approdi, di fronte ad un nemico che ha tutte le difese, tutti i rifugi. Ma lo teniamo; ed eserciti serbi e montenegrini, forze nazionali e forze alleate, carichi di armamenti e di rifornimenti, convogli e convogli, folle di navi con la nostra bandiera hanno avuto il passo libero, a poche ore da formidabili basi nemiche, in virtù di questi marinai che portano incessantemente le loro navi da caccia a tracciare con le loro scie una rete d’interdizione lontano verso le coste nemiche, e che non domandano mai dove si va.
Pensano questa sera che forse vi saranno delle cannonate da sparare e poco importa la latitudine e la longitudine. Hanno una fiducia devota nel comando e una confidenza appassionata nella nave. Parlano dell’uno e dell’altra come di esseri prodigiosi. Sul cacciatorpediniere capo squadriglia, e forse anche sugli altri, l’equipaggio è da sei anni immutato. Battello e uomini hanno finito per formare una cosa sola, con un’anima sola, fiera, tranquilla, sicura. Artiglieri e cannoni, macchinisti emo-