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316 lettere dal mare


te accelera progressivamente il suo moto e arriva al punto in cui nulla può più vincere il suo impulso. Cercando la liberazione, il battello inglese aveva varcato questo limite fatale. Piombava alla perdizione, li segnalatore della profondità s’era fermato all'ultima cifra. Soltanto il manometro di controllo indicava ancora, e la sua lancetta frenetica sfiorava un numero dopo l’altro: Sessanta, sessantuno.... sessantacinque.... settanta....

Tutto il fasciame di acciaio scricchiolava alla pressione, e fra le bullonature i lembi delle lamiere si discostavano come i bordi di vestito da un bottone all’altro. L’acqua entrava con violenza da quelle fessure sotto forma di zampilli sottilissimi che finivano in nebbia. E la lancetta correva: Settantadue, settantatrè.... settantacinque.... ottanta....

Il sommergibile aveva già vuotato i doppi fondi, si era alleggerito, ma era condannato a toccare il fondo del mare. Lo toccò. Sentì un grande urto molle. Il manometro segnava ottantadue yards. Immediatamente la sfera tornò indietro. Rimbalzando come una palla, il battello risaliva, sempre fra le catene. Un minuto dopo si ritrovò impigliato al punto da dove era disceso.

Allora, come una bestia catturata che scuota ciecamente le sbarre della sua gabbia, si mise a spingere sulle catene con tutta la forza dei motori, sperperando le sue riserve di energia,