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la sorpresa 325


i bassifondi e va, sulle sue mille gambe di legno, incontro al traffico del mare.

Il resto della costa sfumava via incerto, verso il Capo Pali al nord, verso il fondo della baia al sud, lontano ancora e invisibile. Un po’ di foschìa leggera e bassa, la bruma del bel tempo, si formava lontano nell’aria tepida.

Ad un certo momento i battelli hanno deviato filando dolcemente in una nuova direzione. Andavano su rotte di sicurezza, fra banchi di mine. Mine italiane e mine austriache: ce n’è di tutte le sorta. Per dei mesi sono stati accumulati nella rada di Durazzo sbarramenti di protezione e sbarramenti di agguato. Quando noi vi affondavamo esplosivi di difesa, i sommergibili posa-mine del nemico vi affondavano esplosivi di sorpresa; poi loro hanno creato nuove barriere di chiusura, e noi abbiamo gettato mine di tranello. Tutte queste torpedini sono rimaste ormeggiate sott’acqua; i draga-mine si limitano a tenere aperto un passaggio, un varco che vorrebbe essere segreto, lasciando tutto intorno il pericolo di cui nessuno può più determinare l’estensione.

Ogni tanto qualche nave urta, provoca un’esplosione e affonda. Numerosi resti di naufragi emergono qua e là nella baia, carcasse di piroscafi colati a picco, alberature di velieri annegati. Non sono state soltanto le mine a fare strage. Il siluro e il cannone hanno fatto la loro parte.