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oh, l’organizzazione! 341


L’equipaggio, venuta la notte, lavorava come una squadra di scenografi durante un intermezzo. Riverniciava lo scafo, trasportava da una parte all'altra del ponte il carico di foraggi, costruiva qua, demoliva là, issava, abbatteva, creava, e all'alba, invece di un piroscafo nero di nome Syra, c’era una nave mista, con vela di mezzana, con soprastruttura gialla e bordi verdi, chiamata Thaso. Il giorno dopo al posto del Thaso appariva magicamente l’Heraklia, un vapore con due ciminiere a fascia azzurra, che fumavano come quelle di un incrociatore, una a carbone e l’altra a fieno. Nessuno agli approdi sospettava che l’Anaphi, dal quale sbarcavano cinque manigoldi a comprar verdure e a far chiacchierare le donne del paese, fosse niente altro che il Kithera, il quale cinque giorni prima aveva mandato a terra a prendere acqua, mentre aspettava al largo profilando un bompresso di una lunghezza impressionante.

Non era più una nave, era una flotta effimera di navi pezzenti, così diversa l’una dall’altra che ogni tanto capitava lo Spahis a rifare la visita: Comment! Toujours vous?

Soltanto i sottomarini guardavano da lontano senza avvicinarsi. Le avventure più curiose si succedevano, ma mai la buona. In un piccolo ancoraggio il Naxos — quel giorno si chiamava Naxos — rischiò persino di vendere uno dei suoi cavalli, una bestia superba,