quindi assai meglio a rappresentare la tranquillità dicevole alle anime devote in contemplazione delle cose divine. Allora poche erano le modulazioni, e tra le combinazioni armoniche, quella della quinta falsa, generatrice di ogni transizione naturale, era tenuta in tanto orrore da chiamarla diabolus in musica; ne veniva adoperala
mai senza quelle precauzioni, che ne menomassero
quasi al tutto l’efficacia. Ora, le modulazioni, le transizioni
troppo lontane e frequenti, agitano l’animo; onde
che la nostra musica veramente repugna a quella soave
quiete di spirito, che seppe cosi bene conseguire colle
sue magiche note il Palestrina. E perciò comprendesi l’entusiasmo
del Paer, quando udì (come narra il Baini) per
la prima volta, nella Cappella Sistina, la musica del tran
Pierluigi: «Questa è la musica divina (esclamò il Paer),
che io andava da lunga stagione cercando, e che non sapeva
raggiungere colla fantasia, ma che non diffidava, che
non potesse essere scoperta da un nuovo Apollo». Non
pertanto vuolsi considerare, che correndo oggi quel periodo
della musica dal Fetis, non a torto, chiamato di
tonalità pluritonica; essendo quindi le nostre orecchie
percosse continuamente da molte, ed insieme stranissime
modulazioni, e transizioni; l’antica tonalità non serba
tuttavia sull’animo nostro la stessa efficacia, ed a
lungo andare, cessato il diletto della novità, riescirebbe
troppa fredda e noiosa. Laonde non sono a biasimare, anzi
voglionsi lodare, quei moderni sommi compositori, che scrivendo
musica sacra, si giovarono di tutti i nuovi acquisti
fatti dall’arte musicale, e perfino del carattere drammatico, cosi felicemente dal Cherubini adoperato pel primo.